ALGHERO, mille storie e mille passati

***Reportage di Luciana Satta

ph. Luciana Satta

Una città dalle mille storie e dai mille passati, che ha visto il susseguirsi di popoli differenti, dai Fenici, ai Bizantini, dai Pisani ai Genovesi. Ma l’anima di Alghero è catalana. E il suono delle voci, la lingua, le case, i volti della gente svelano subito questa sua indole. Non a caso la città è conosciuta come la “Barceloneta d’Italia”. O più spesso “Riviera del Corallo”, perché nei fondali marini di Alghero il cosiddetto oro rosso, uno dei più pregiati al mondo, da sempre trova il suo habitat naturale. Tutto concorre a fare del territorio algherese, come scriveva nel 1891 Gaston Vuillier nelle sue Isole dimenticate, un luogo altro rispetto al resto della Sardegna. Un luogo che si presta alle più svariate forme di turismo. Perché ad Alghero non si viene solo per la costa, per le splendide spiagge di roccia, di ciottoli, di sabbia fine, protette dalla macchia mediterranea, per le cale riparate dai forti venti di maestrale. Chi arriva in città non si accontenta della semplice escursione. Vuole inoltrarsi in un percorso ricco di fascino e di storia. Viaggiatori di ogni età si mescolano tra i residenti e fanno vivere non solo d’estate ma ormai tutto l’anno le vie e i vicoli più antichi e suggestivi dell’Alguer, che dal mare appena fuori dal porto mostra l’imponenza delle sue antiche mura.

ph. F.H. ph. Luciana Satta

Approdo di notevole rilevanza strategica, Alghero deriva il suo nome dalla quantità di vegetali marini deposti sul litorale dalle correnti. Nasce così l’Algerium, secondo la forma latina riscontrata nei documenti dei Doria, S’Alighera in sardo e l’Alguer in catalano. Racchiuso tra i bastioni, visibile dal mare, nell’antico borgo si staglia uno dei monumenti più significativi della città: la cattedrale di Santa Maria, del XVI secolo. Il suo campanile, con le eleganti forme gotico-catalane e la cupola di San Michele, con le caratteristiche maioliche policrome, spiccano nel cielo azzurro, il colore vivido caratteristico del Nord Sardegna.

 

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Sono scorci e panorami incantevoli, trionfo di questa perla del Mediterraneo, segno delle memorie del passato, da quando nel 1353 la flotta aragonese, comandata dall’ammiraglio Bernart De Cabrera, ebbe la meglio su quella genovese, nella celebre battaglia di Porto Conte. Dopo aver lasciato la città nelle mani del barone Gispert de Castellet, e con la partenza del Cabrera a Cagliari, gli algheresi si ribellarono ai nuovi dominatori. Ma l’anno successivo, Pietro IV d’Aragona riconquistò la Fortezza. Da allora e per ben quattro secoli gli aragonesi divennero protagonisti indiscussi della storia dell’Alguer, quando Pietro IV decise di allontanare dalla città tutti gli abitanti originari per ripopolarla con le genti della penisola Iberica.

Ad Alghero si tocca il segno di questa forte identità. Nelle rime dei suoi poeti, nelle canzoni, nelle associazioni che lottano per conservare intatta la tradizione e in tutte le iniziative che l’amministrazione comunale promuove per divulgare l’immagine di una città che mai dimentica questo stretto legame di sangue.

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Un altro luogo degno di nota della storia culturale di Alghero, esemplare raro in Italia e unico in tutta la Sardegna, è il Teatro Civico, della seconda metà del XIX secolo. Qui si sono svolti e si svolgono prestigiosi Convegni e spettacoli di prosa e di lirica. L’idea di una struttura adeguata ad accogliere le rappresentazioni teatrali nacque in seguito all’interessamento della “Società degli armatori del teatro”. L’architetto Franco Poggi diede quindi il via ai lavori. Nel 1982 la città aveva il suo teatro, con quattrocento posti tra la platea, i tre ordini dei palchetti e il loggione. Attualmente si presenta come un piccolo gioiello, con i suoi 284 posti e una struttura portante interamente di legno, caratteristica principale dell’edificio.

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Bastano pochi minuti dal centro storico della città per raggiungere uno degli arenili più lunghi dell’Isola, Il Lido di Alghero, o Lido di San Giovanni, che prosegue fino alla spiaggia di Maria Pia.

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E poi i colori caldi della macchia mediterranea non si spengono. Dopo aver superato la frazione di Fertilia, passando dalle spiagge più note della marina, le Bombarde e il Lazzaretto, si arriva a Mugoni, racchiusa nel golfo di Porto Conte. E ancora, mete indimenticabili sono la Cala Dragunara, fino alle insenature nascoste, irte e per questo meno frequentate, come le calette del Lazzaretto, le rocce rosse di Cala Viola, vicino al Porticciolo e la Bramassa, nei pressi di Punta Giglio. Il promontorio di Punta Giglio delimita a Est quello che era l’antico Portus Ninpharum dei romani, il porto naturale più vasto del Mediterraneo: la Baia di Porto Conte.

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Nella parte più interna della Baia si trova la lunghissima spiaggia di Mugoni, annunciata dalla pineta. Quindi la costa riprende a salire fino a culminare con le pareti a strapiombo sul mare di Punta Semaforo, a Capo Caccia, e Punta Cristallo. Non si può dimenticare, inoltre, la cala di Tramariglio, a Capo Caccia, all’interno del grande Golfo di Alghero, che offre agli occhi dei visitatori uno spettacolo naturale incantevole. Un tempo era la sede di una colonia penale, ora è a tutti gli effetti un centro turistico. Su un piccolo promontorio sorge la Torre di Tramariglio, di età spagnola, costruita alla fine del Cinquecento.

Ph. Luciana Satta

Nel 1999 Porto Conte, Capo Caccia divennero Parco Regionale. Qui, all’interno della Foresta demaniale “Le Prigionette”, vivono specie animali e vegetali rare, salvaguardate da convenzioni internazionali. Oltre alla ginestra, all’elicriso, al corbezzolo l’area protetta ospita la Centaurea Horrida, presente in Sardegna solo a Tavolara e all’Asinara. Tante anche le specie animali che sono state reintrodotte nella zona, dal cinghiale, al daino, ai cavallini della Giara, fino al Grifone.

Sul lato ovest di Capo Caccia, aperta al pubblico con visite guidate per tutto l’anno, la maestosa Grotta di Nettuno richiama migliaia di visitatori di varie nazionalità. Sono attratti non solo dalla risonanza storica, ma anche dalla imponenza di questa meraviglia geologica, con i suoi cunicoli angusti, la trasparenza delle acque al suo interno, le gallerie. Una grotta che ha un’ampiezza di 2.500 metri, considerata ad oggi una delle più interessanti in tutto il Mediterraneo.  Può essere raggiunta con il servizio barche che, partendo dal porto o dalla Cala Dragunara, nei pressi di Capo Caccia, permette di ammirare lo splendido scenario naturale della Riviera del Corallo. O ancora, via terra, raggiungendo il promontorio di Capo Caccia dopo un percorso in auto di circa 24 chilometri. Si scende poi sul lato occidentale, lungo una suggestiva gradinata di 654 scalini, costruita nel 1954: la Escala  Cabirol. Tanti gli scrittori che in passato ne furono affascinati. Tanti i principi e i re che la vollero visitare. Tra questi Carlo Alberto di Savoia, che la vide in tre circostanze. Nel 1829, quando era Principe di Carignano e nel 1841 e nel 1843, come sovrano del Regno di Sardegna.

 

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Quasi parallela alla Grotta di Nettuno grande rilievo dal punto di vista archeologico ha la Grotta Verde o di Sant’Elmo; e poi, ancora, il Monte Doglia, punto panoramico sull’intero golfo algherese e lo stagno di Calich, patrimonio ambientale al centro dell’attenzione degli studiosi.

Ma Alghero è anche luogo di interesse archeologico. Tra Alghero e Capo Caccia si trova il Complesso Nuragico di Palmavera.

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Sulla strada dei due mari, verso Porto Torres, invece, si trova la necropoli di Anghelu Ruju, uno dei più grandi complessi di Domus de janas dell’Isola. Sulla strada verso il paese di Ittiri sorge invece un’altra necropoli, quella di Santu Pedru.

Ad Alghero sembra non arrivi mai il tempo per annoiarsi. È una città dove gli appuntamenti con la tradizione e con l’innovazione si rinnovano continuamente, d’estate e d’inverno. I concerti, dal Festivalguer che nella stagione estiva porta in città artisti di fama internazionale, la festa del patrono, San Michele, il Cap D’Any, e i numerosi eventi che si susseguono senza tregua, lasciano ricordi indelebili in chi ha avuto la fortuna di conoscere questa città.

 

ph. Luciana Satta

ph. Luciana Satta

***Questo testo non può essere riprodotto, in tutto o in parte, senza l‘autorizzazione dell’autrice

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