Vivere per il Cinema CARLOTTA BOLOGNINI

Storia di una famiglia romana che ha lasciato un ricordo indelebile nella Storia del Cinema.

*In occasione del Premio Bolognini che si è tenuto a Roma, pubblico un estratto dal mio libro L’Arte di essere Figli (con un anteprima dell’intervista rilasciata dalla produttrice Carlotta Bolognini il 15 luglio del 2022) e vi racconto del Premio Bolognini – Anni D’oro del Cinema a cui ho avuto l’onore di partecipare venerdì 31 gennaio 2025.

di Luciana Satta

 

La voce narrante di Giancarlo Giannini a raccontare un tempo che non c’è più. Sul grande schermo scorrono le immagini di chi quell’epoca d’oro del Cinema italiano l’ha vissuta con gli occhi di un bambino: Renzo Rossellini, Ricky Tognazzi, Simona Izzo, Fabrizio e Fabio Frizzi, George Hilton, Danny Quinn, Alessandro Rossellini, Vera Gemma, Francesco Frigeri, Claudio Risi e tanti volti ancora, “Testimoni del tempo, del tempo dei nostri padri”.

 

 

Questa è la storia della produttrice cinematografica Carlotta Bolognini. Della sua infanzia trascorsa a “respirare Cinema” con suo padre Manolo, produttore cinematografico e con suo zio Mauro, regista. Figli del Set è il docufilm tratto da una sua idea per la regia del catanese Alfredo Lo Piero in cui ricorda la sua storia di figlia d’arte cresciuta sui set cinematografici. Un invito a cena nato dalla decisione di rivedere i suoi amici d’infanzia, i figli d’arte. Seduti intorno a un tavolo, con suo padre Manolo, nel suo film rievoca con nostalgia e attraverso foto, filmati, testimonianze e racconti, cinquant’anni di storia del Cinema. Una macchina dei sogni che andava dritta al cuore e alla testa degli spettatori. «Eravamo una famiglia molto legata – racconta – . Mio papà e mio zio non solo erano fratelli, ma i migliori amici l’uno dell’altro. Mio zio Mauro è stato un secondo papà per me e per mio fratello Andrea. Quando non c’era lui, c’era zio. Era un rapporto bellissimo». «Figli del set è nato dalla nostalgia che avevo del set e di tutte quelle persone che avevo conosciuto e che, purtroppo, non ci sono più. Mio papà me lo sono goduto fino al 2017, perché è morto a novantadue anni, ancora superattivo, stava preparando il Ritorno di Django, probabilmente il suo film prediletto. Zio Mauro invece purtroppo è scomparso nel 2001, dopo cinque anni di Sla, una malattia terribile».

Il docufilm ha partecipato come evento speciale al Giffoni Film Festival a Taormina, encomio del Presidente della Repubblica Mattarella, ventesimo su centoventuno ai David di Donatello, evento al Festival di Taormina.

 

 

Quello che mi colpisce maggiormente di Carlotta Bolognini è la sua straordinaria umiltà e dolcezza, doti che rendono difficile credere di essere di fronte a chi ha ricevuto tutti questi riconoscimenti: Premio “Donna che fa la differenza 2014”, in Campidoglio; Premi “Gianni Di Venanzo”, “ITFF international Film Festival”, “Premio Circeo”, ” Musa d’argento”, “Dea alata” a Venezia”, “Premio alla memoria Mauro Bolognini”, “Premio alla memoria Manolo Bolognini”, “Premio CortoDino Film Festival”, “Premio speciale Cinema, l’eco del litorale Anzio”, “Premio speciale Le donne nell’Arte”, “Premio Raf Vallone”, “Premio S.Te.P Festival, Teatro”. Tra questi, anche il Premio Apoxiomeno a Forte Dei Marmidove si è svolta la XXIV edizione del Premio internazionale Apoxiomeno, prestigiosa manifestazione promossa dell’International Police Association (Ipa) in collaborazione con l’Associazione Arte di Apoxiomeno.

«Essendo nata sul set, era quasi inevitabile – racconta -. Mio papà si è sposato mentre stava realizzando Il generale Della Rovere (1959, regia di Roberto Rossellini, n.d.r.), con Vittorio De Sica, al Teatro 5 degli Studi di Cinecittà a Roma. Ha detto: «Scusate, mi assento due o tre ore e torno!». È andato a sposare mia mamma e sono tornati al Teatro 5. Quindi io e mio fratello siamo nati e cresciuti sui set. Il mio primissimo film, è stato Django. Avevo cinque anni e una grande voglia di lavorare. Stando sul set ero la mascotte della troupe, la piccolina che saltava da un reparto all’altro, andavo al trucco, al parrucco. Mi infilavo in mezzo ai costumi e nelle ceste. A cinque anni dicevo: «Papà ma io voglio lavorare!». E lui: «Ma dove vai che sei piccolina!». Invece poi mi mise accanto (probabilmente per farmi stare buona) la segretaria di edizione, Patrizia Zulini, e mi raccomandò di stare attenta a tutti i particolari e di controllare se fossero presenti degli errori. Da lì ho ereditato la precisione nel lavoro, sto sempre molto attenta agli sbagli e che tutto sia collegato».

 

 

«Mio zio mi teneva tra le braccia spesso affinché controllassi quando era in moviola
(è il nome di un sistema elettromeccanico utilizzato per la visione rallentata di filmati, n.d.r.), davanti alla mitica Catozzo  (un tipo di giuntatrice specifica del montaggio dei film inventata da Leo Catozzo e utilizzata dai montatori cinematografici di tutto il mondo, fino all’avvento del montaggio digitale, n.d.r.). Ho da sempre avuto questa “febbre”. In Figli del Set ho voluto la stessa segretaria di edizione di Django. È stato il suo ultimo lavoro nel cinema, siamo ancora amiche».

 

ph. Giancarlo Fiori

 

«Del Cinema del passato mi manca tutto. Dalle persone al modo di lavorare e di filmare… il digitale ha tante convenienze, opportunità, agevolazioni, però la pellicola aveva un altro sapore, c’erano macchine enormi che venivano sollevate da tre macchinisti. Era tutto più artigianale, con le scatole delle pizze si facevano i portaceneri! (ride, n.d.r.). Adesso è tutto digitale. Nell’ultimo corto che ho realizzato abbiamo girato in una stanza dove c’erano i monitor, apparecchi sofisticati. Non si vive il set. Un tempo era un Cinema di tipo artigianale, stavamo tutti insieme».

 

 

Quali sono i valori più grandi che ha ereditato da suo padre e da suo zio, che le restano e che porta sempre con sé?

«L’onestà sempre, in tutto, il rispetto verso gli altri e verso il lavoro degli altri. Il riguardo per se stessi, per la famiglia, per gli amici. Zio aveva un grande rispetto per l’amicizia. Zeffirelli e Tosi erano suoi amici. 

Valori rarissimi in quest’epoca…

Purtroppo sì, ma io dico sempre che preferisco “mangiare pane e cipolle”, ma rimanere pulita, corretta, onesta. Fino all’ultimo».

Una storia immensa, quella dei Bolognini, raccontata in Compagni d’arte, il nuovo docufilm diretto da Carlotta Bolognini e Fabio Luigi Lionello presentato a Roma lo scorso ottobre. Al centro della pellicola i giganti del Cinema italiano, di cui non si deve perdere memoria: da Mauro e Manolo Bolognini a Franco Zeffirelli, da Anna Allegri a Piero Tosi.

 

 

Venerdì 31 gennaio nella Sala della Regina di Montecitorio si è svolta la IV edizione del Premio Bolognini, alla presenza di tanti grandi professionisti del Cinema. «In occasione del centenario del mio papà – ha spiegato Carlotta Bolognini – ho voluto accanto a me un suo amico con il quale ha fatto cinque film: Franco Nero».

«Ho dei bellissimi ricordi di tuo padre – ha detto l’attore Franco Nero – ricordo in particolare la sua voce. Gli dicevo “Ma tu devi fare il doppiatore!”. Lui è stato il produttore del vero Django, nel 1966».

 

ph. Luciana Satta

***Questo testo non può essere riprodotto, in tutto o in parte, senza la citazione della fonte e dell’autrice. Le foto private della famiglia Bolognini sono state gentilmente concesse da Carlotta Bolognini per il mio saggio L’Arte di essere Figli.

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