“Dall’Ucraina per danzare sulle note della libertà”

L’étoile Olga Golytsia

ph. Ksenia Orlova

Tutte le più grandi Ètoile del Mondo hanno danzato almeno una volta su uno dei brani del repertorio classico tra i più celebri e noti della Storia della danza: The Dying Swan, La morte del cigno, con quell’inconfondibile movimento delle gambe basato sul “pas de bourèe suivi” e la precisione nelle movenze delle braccia e delle mani. Ma quelle di Olga Golytsia, prima ballerina dell’Ukrainian Classical Ballet, non sono braccia. Non sono mani. Sono ali. Si alza il sipario. Vederla danzare è dimenticare e ricordare al tempo stesso. Perché con quelle stesse gambe Olga è dovuta fuggire dalla sua terra, l’Ucraina, e con quelle braccia ha protetto sotto le bombe suo figlio undicenne per salvarsi dalla Guerra e andare incontro al suo sogno di libertà. Ha trovato rifugio dai suoi cari, a Francoforte. «Quando è iniziata la Guerra non sapevo affatto cosa fare… ho pensato: “Dove sarà il rifugio antiaereo più vicino?” “Sarà meglio lasciare l’Ucraina o restare?”. Il padre di mio figlio vive a Francoforte. Chiamava costantemente e chiedeva di venire in Germania. Ma all’inizio mi sembrava che la Guerra non potesse essere vera e credevo che tutto sarebbe finito presto. I bombardamenti erano continui. All’inizio stavamo sempre chiusi nel bagno, poi, quando ho capito che non era un posto sicuro, siamo usciti e abbiamo passato la notte nel parcheggio. Due settimane dopo ho deciso di andarmene. Vivo in un quartiere di Kiev, non lontano da Irpin e Bucha… ero molto spaventata. Il nostro viaggio è durato quattro giorni! A Kiev siamo riusciti a prendere solo il terzo treno… c’era molta gente! Erano tutti inorriditi e presi dal panico. Gli aeroporti sono stati bombardati il ​​primo giorno. Abbiamo viaggiato in treno e in autobus fino a Francoforte».

ph. Ksenia Orlova

Olga Golytsia è arrivata poi in Italia con l’Ukrainian Classical Ballet grazie alla rete di solidarietà che ha coinvolto molti Teatri. In Sardegna ha aperto, insieme alle stelle del balletto ucraino, la stagione della Grande Danza del CeDac (l’Ukrainian Classical Ballet raccoglie artisti delle Compagnie ucraine più prestigiose: dall’Opera nazionale al Teatro Taras Shevchenko, dal Teatro dell’Opera e Balletto di Odessa, al Teatro Accademico di Kharkiv fino all’Opera Nazionale di Lviv, n.d.r.). Protagonisti della straordinaria esibizione, al Teatro Comunale di Sassari e al Massimo di Cagliari, i grandi capolavori della storia del balletto, tra spettacolari assoli e passi a due. Al momento dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la Compagnia era in tournée in Francia. Il tour italiano non era in programma, è stato organizzato grazie all’impegno del teatro comunale di Ferrara.

«Quando è iniziata la guerra in Ucraina non ho pensato affatto al balletto. Pensavo solo a me e a mio figlio, a come sopravvivere… quando, dopo un mese e mezzo di Guerra, mi è stato offerto di andare in tournée, non capivo come fosse possibile! Ma poi ho pensato: “Cosa posso fare di buono per l’Ucraina? Posso aiutare in qualche modo?”. Ho capito come questa potesse essere una meravigliosa opportunità per presentare la cultura ucraina in Italia, per parlare degli orrori della Guerra e di ciò che ho vissuto personalmente. Spero che questi tour abbiano supportato almeno un po’ il mio Paese». Nel mese di marzo 2023 al Comunale di Ferrara è stato proiettato un documentario realizzato da Gianluca Lul e Angela Onorati e prodotto dallo stesso Teatro Comunale nell’aprile 2022, a pochi giorni dallo scoppio della Guerra, durante la presenza della Compagnia ucraina a Ferrara.  Attraverso le parole, gli occhi e l’arte dei ballerini dell’Ukrainian Classical Ballet il documento racconta l’inizio della Guerra.

ph. Andrey Stanko

Come è nato il tuo amore per la danza? Che cosa sognavi da piccola, desideravi diventare una ballerina?

«Avevo cinque anni quando mia madre mi portò in una Scuola di danza per la Propedeutica. All’inizio non mi piaceva molto. Era noioso e doloroso. Ma gli insegnanti dissero che avevo caratteristiche fisiche adatte al balletto. Perciò mia madre ha continuato a portarmi in Studio, anche quando tutti i miei amici hanno smesso di studiare. Poi, all’età di sette anni, sono entrata alla Pavel Virsky Ensemble School, un ensemble di danza ucraino (Pavlo Pavlovych Virsky, PAU, è stato un ballerino sovietico e ucraino, maestro di balletto, coreografo e fondatore del Pavlo Virsky Ukrainian National Folk Dance Ensemble, il cui lavoro nella danza ucraina è stato rivoluzionario e ha influenzato generazioni di ballerini, n.d.r.). Sono persino andata in tournée… e mi è piaciuta molto! A dieci anni sono entrata al Kyiv State Ballet College. Lì hanno instillato in me l’amore per la danza classica. Quando ero una ragazzina, non mi piaceva molto fare balletto. Era un desiderio di mia madre. Ma col tempo mi sono innamorata della mia professione! Sono molto grata a mia madre per avermi incoraggiata a diventare una ballerina».

ph. Ksenia Orlova

Chi sono stati i tuoi maestri di riferimento e le figure del mondo della danza che ti hanno maggiormente influenzata?

«Quando ero bambina non avevo idoli nel balletto. Non mi sono mai ispirata a nessuna. Volevo essere unica e diversa da chiunque altro. Nutro riconoscenza verso i miei insegnanti del College e del teatro, hanno lavorato molto con me. A scuola insegnavano l’accademismo e a teatro la mia insegnante Eleonora Steblyak mi ha aiutato ad aprirmi come attrice. Finora ho lavorato con attenzione e precisione su ogni gesto e movimento».

Hai utilizzato la tecnica dell’osservazione per raggiungere una tale perfezione e grazia?

«Questo pezzo richiede una preparazione speciale. Sembra facile, ma non lo è affatto. La mia maestra mi ha chiesto di andare al lago a guardare i cigni: come nuotano, come si muovono… ci sono tante versioni di questo numero! Io e il mio insegnante abbiamo realizzato Il lago dei Cigni adattandolo alle mie capacità. Lavoriamo sulle mie mani da molto tempo! È la cosa più importante. Abbiamo anche lavorato molto sull’immagine. Cerco di trasmettere la voglia di vivere e la lotta contro l’inevitabile morte».

ph. Oleksandra Zlunitsyna

Che rapporti hai con gli altri ballerini della compagnia? C’è amicizia tra voi?

«C’è un’atmosfera amichevole a teatro. Soprattutto tutti hanno iniziato a sostenersi a vicenda durante la Guerra. Sono molto contenta di aver deciso di tornare a Kiev e all’Opera Nazionale dell’Ucraina».

Che cosa rappresenta la danza per te?

«Amo il balletto, la danza è la mia vita. Non posso mangiare quello che voglio. Non faccio molte altre cose che possono fare persone che svolgono altre professioni. Ma non me ne pento… il lavoro mi porta piacere e gioia! Spero che il pubblico vada via dalle le mie esibizioni con nuove emozioni».

ph. Katerina Kornienko

***l’intervista a Olga Golytsia è stata tradotta dalla lingua Inglese all’Italiano.

***Le foto sono state concesse alla giornalista Luciana Satta dalla sign.ra Olga Golytsia, che ha autorizzato la pubblicazione per lo speciale a lei dedicato. Questo testo e gli scatti non possono essere riprodotti né pubblicati, in tutto o in parte, senza l’autorizzazione dell’autrice che ne detiene i diritti. Il testo e il materiale fotografico sono apparsi sulla rivista Iod (numero di aprile 2023).

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L’essenza di un fotografo. ROBERTO PINTUS

di Luciana Satta

Ci sono storie che vanno urlate. Anche se, come ricorda Roberta – una delle donne protagoniste della mostra e del calendario Le urla delle donne – ideati e realizzati dal fotografo Roberto Pintus – a volte la violenza non fa rumore e non lascia lividi, ma fa comunque a pezzi (*cit. Susanna Casciani).

Donne riprese in momenti di vita quotidiana, durante la loro professione, o nel tempo libero. Di contro, quello sguardo attento, intimo, l’occhio del fotografo che è l’anima della donna, quasi la sua coscienza, sguardo indagatore dietro quell’immagine apparente mostrata agli altri.

L’esposizione fotografica Le urla delle donne è stata patrocinata dal comune di Sassari e inaugurata lo scorso 25 novembre – in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – a Palazzo Ducale. Ospitata fino al 7 dicembre, è diventata un calendario i cui proventi saranno devoluti al Progetto Aurora. Protagoniste dodici donne. «Con questo mio progetto – spiega Pintus – ho voluto creare dodici racconti che mostrassero cosa si può nascondere dietro il sorriso di una donna. È stato complicato portare a termine tutto il lavoro, ci sono voluti cinque mesi per realizzarlo. Ho scelto donne comuni, non modelle. Alcune di loro non avevano mai posato.

Ero preoccupato, perché non sapevo come il mio progetto potesse essere percepito dall’esterno. Attraverso le mie foto ho voluto mostrare ciò che può celarsi dietro l’immagine di una donna “felice” e mostrare i diversi aspetti della violenza, dalla psicologica, alla fisica, alla verbale».

«Un giorno – prosegue il fotografo – ho assistito ad una scena che mi ha colpito particolarmente e mi ha fatto riflettere. Passavo per strada e si è aperta una finestra, si è affacciato un uomo che, mentre stendeva i panni, si rivolgeva ad una donna insultandola e dicendole: Non sai neanche stendere! Lei piangeva».

Secondo i dati del Ministero degli Interni dal primo gennaio al 22 dicembre 2024 in Italia si registrano 300 omicidi, con 109 femminicidi. 109 vittime sono donne. Un fenomeno che a volte è silente. Perché la violenza non è solo fisica. Rompere il silenzio attraverso il linguaggio per immagini. Sono foto “potenti”, che arrivano come urla inascoltate. Questo è il messaggio di Roberto Pintus.

Un incontro casuale, quello tra Roberto Pintus e la fotografia. Una passione nata nel 2012. I suoi scatti messaggi portatori di cultura, di arte e di sensibilità. Oggi le sue fotografie sono racconti della Stagione teatrale del Ce.DA.C di Sassari, per La Grande Prosa & Danza al Teatro Verdi e al Teatro Comunale.

«Mio fratello, Tore Pintus (*Responsabile Circuito Teatro e Danza Ce.DA.C Sassari), aveva necessità di un fotografo per la Stagione teatrale. Odiavo fotografare a teatro, non era un genere che mi piaceva. Ora lo adoro».

 

«Diversi attori e attrici, come Caterina Murino, Anna Foglietta hanno apprezzato i miei lavori, anche tanti ballerini, alcune Compagnie teatrali hanno scelto le mie foto. Mi manca quando non scatto».

«Sono stato il fotografo ufficiale di Miss Grand Prix, Miss Blumare, per sei anni. Ma sono autodidatta, è nato tutto per passione. Ho iniziato per “gioco”. All’inizio mi piaceva fotografare la natura e i paesaggi. Ho iniziato a fare caccia fotografica, mimetizzato. Ho realizzato la mia prima mostra nel 2014 a palazzo Ducale a Sassari, in sala Duce. Si intitolava Un solo momento».

ph. Roberto Pintus

«Nel 2012 mi hanno chiesto di partecipare ad un Workshop fotografico. Ho conosciuto un gruppo di fotografi che si chiama Riscatto foto libera e ho legato con Giammario Cherchi, che in seguito si è appassionato alla caccia fotografica e all’infrarosso. La mia curiosità per l’infrarosso è nata anni fa. Mi aveva colpito una immagine scattata sul lago di Gusana, realizzata con questa tecnica. Mi piacciono le foto di Simone Pollastrini, siamo diventati amici. Amo particolarmente il filtro 590, che trasforma il colore verde in giallo oro».

«Dicevo: «Non diventerò mai bravo!».

***Questo testo non può essere riprodotto, in tutto o in parte, senza la citazione della fonte e dell’autrice. Tutte foto sono state gentilmente concesse da Roberto Pintus, che ha autorizzato la pubblicazione.

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SIMONE CRISTICCHI in FRANCISCUS

Il folle che parlava agli uccelli apre la stagione del CEDAC

Riflessioni, canzoni inedite, domande si alternano in un gioco di chiaroscuri. Con Franciscus/ Il folle che parlava agli uccelli Simone Cristicchi porta sul palco del teatro Verdi di Sassari per la prima del CEDAC, tutta la sua sensibilità, alter ego di «Franciscus, il rivoluzionario, l’estremista, l’innamorato della vita. Franciscus che visse per un sogno. Il folle che parlava agli uccelli e che vedeva la sacralità e la bellezza in ogni dove: nel volto di una persona, nello sguardo di un animale, ma anche nel sole, nella morte, nella terra su cui camminava insieme agli altri».

Al centro della scena, i grandi temi dell’Umanità: la vita e la morte, la gioia del donarsi, il dolore, la guerra interiore e tra gli uomini. La follia. Perdersi per ritrovarsi. E uno scambio intenso e profondo con il pubblico.

ph. Roberto Pintus

 

Simone Cristicchi veste Francesco D’Assisi di contemporaneità, attraverso i suoi occhi di artista viscerale, quando toglie il copricapo e svela se stesso con le sue mille domande sul senso dell’esistenza e attraverso lo sguardo di Cencio, personaggio centrale, quando il copricapo lo indossa insieme agli abiti di tela di sacco.

Foto di Roberto Pintus

Cencio, lo “straccivendolo”, voce narrante, non comprende la scelta di Francesco, è specchio dei suoi detrattori. E’ alla fine, nella sofferenza, che coglie il significato del suo messaggio.

ph. Roberto Pintus

«Mi era necessario approssimarlo , sia nel senso di avvicinarlo, tramite approfondite letture, conferenze, e visite nei suoi luoghi; sia nel senso di semplificarlo, per poterlo comprendere e sentire accanto, correndo il rischio di essere impreciso, insolente, insolito – ha spiegato Cristicchi -. Così è uscita fuori l’idea che ho di lui. Il mio Francesco. Non riuscivo a mettermi nei suoi panni, perciò me li sono fatti prestare da Cencio».

 

ph. Roberto Pintus
ph. Roberto Pintus

di e con Simone Cristicchi
scritto con Simona Orlando
canzoni inedite di Simone Cristicchi e Amara
musiche e sonorizzazioni Tony Canto
scenografia Giacomo Andrico
luci Cesare Agoni
costumi Rossella Zucchi
aiuto regia Ariele Vincenti
produzione Centro Teatrale Bresciano, Accademia Perduta Romagna Teatri
in collaborazione con Corvino Produzioni

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“VOLEVO ESSERE UNA FARFALLA”

“La lunga notte” dei Figli d’Arte Medas

di Luciana Satta

La lunga notte di Raffaella. Dove le emozioni e i ricordi vagano, alla ricerca di un “perché”. Dove lei attende che qualcuno un giorno sciolga i nodi della matassa dei suoi pensieri che all’imbrunire si ripresentano per terminare all’alba, quando suo padre la chiama per andare a scuola. Ha dodici anni, Raffaella. Come una farfalla, immagina di volare via. Di librarsi in volo e di liberarsi da quel piccolo mondo che non la comprende, fatto di gesti e parole crudeli che arrivano dai coetanei, ma anche dagli adulti.

Cala la notte e, puntuale, la giostra dei suoi pensieri non si arresta.

Così una ragazzina di dodici anni diventa come uno specchio, di fronte al quale lo spettatore non può riflettere se stesso con indifferenza. Lo spettacolo invita a rompere le barriere del moralismo e dei pregiudizi sul tema dei Disturbi Specifici del Linguaggio. La difficoltà di comunicazione di una ragazza che si affaccia al mondo con difficoltà e sofferenza diventa specchio della mancanza di comunicazione dei nostri tempi. Il non capire e il non capirsi. Respingere ciò che è “altro” rispetto a noi, a causa delle nostre abitudini radicate e strutturate.

L’attrice Sofia Quagliano ph. Luciana Satta

«Vengo qui un po’ come un pellegrino – afferma il regista, Franz di Maggio, al termine dello spettacolo -. Sono ligure, di adozione, poi ho vissuto a Pavia. Per tanti anni ho visto gli spettacoli di Gianluca Medas e ho sognato un giorno di poter lavorare con lui. Un giorno ha fatto una cosa straordinaria: ha preso un aereo, è venuto a Pavia e mi ha chiesto di fare la regia di questo spettacolo. Sono onorato e felice di questa occasione che mi ha dato e onorato e felice di lavorare con queste persone che sono qui accanto, Sofia Quagliano e Nicola Agus».

Il polistrumentista Nicola Agus ph. Luciana Satta

La Lunga notte – Volevo essere una farfalla (di Gianluca Medas, regia di Franz di Maggio, con Sofia Quagliano, musica dal vivo Nicola Agus) è andato in scena sabato 23 novembre ed è inserito nel cartellone del XXXIV Festival Etnia e Teatralità della Compagnia Teatro Sassari.

Un altro momento dello spettacolo al teatro Astra ph. Luciana Satta

 

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