La Comunità Mondo X di PADRE MORITTU

Una giornata a S’Aspru (Siligo).

di Luciana Satta

Dammi ragioni per vivere”: è la disperazione e la sfida che sale dal mondo delle dipendenze. Mondo X, l’associazione fondata da Padre Salvatore Morittu, nasce come iniziativa dei Frati Minori Francescani di Sardegna e accoglie in Comunità tossicodipendenti e malati di AIDS.

«Mi sono laureato in teologia a Firenze nel 1970 – racconta –  e poi i frati mi hanno mandato a studiare al Pontificio Istituto Biblico di Gerusalemme. Rientrato in Italia, mi sono laureato in Psicologia all’Università statale La Sapienza di Roma. Dopo questa esperienza, nel 1978, sono ritornato in Sardegna e ho insegnato Psicologia all’Istituto Magistrale. Proprio in quell’anno il mio confratello francescano padre Eligio Gelmini, il fondatore di Mondo X, aveva incontrato tutti i responsabili nazionali dei frati per illustrare loro la nuova situazione. Disse: “Noi siamo di fronte alla più grande rivoluzione che possa essere mai avvenuta, quella della droga”. Non voleva che i frati perdessero il treno della storia, loro che vivono per i poveri, per gli emarginati, per coloro che fanno fatica a vivere. Ha sollecitato tutti responsabili nazionali a realizzare in ogni loro regione una Comunità con uno o due frati con la vocazione verso questo settore. Paradossalmente la prima che ha risposto è stata la Sardegna». Padre Morittu racconta così l’inizio della sua lunga storia, un percorso di formazione all’inizio travagliato, ma molto significativo. «C’era un responsabile illuminato, padre Dario Pili, il quale mi ha coinvolto. Io trovavo il percorso interessante, ma riconoscevo anche la mia inadeguatezza a lavorare in questo settore, per me del tutto nuovo. Padre Dario mi ha mandato prima in visita e poi a vivere per due mesi in una delle Comunità di padre Eligio, vicino a Milano. Lui è stato molto bravo, perché mi ha messo dentro la struttura come se fossi tossicodipendente, non mi ha fatto sconti rispetto al modo di vivere in Comunità. Dopodiché insieme al responsabile ritennero che ci fossero le condizioni per avviare anche una Comunità in Sardegna. Così è successo, il 26 gennaio 1980».

Il video dell’incontro con padre Morittu e Fra Stefano

«Hanno messo a disposizione – prosegue padre Morittu – il convento di San Mauro, a Cagliari, dotato di un grande orto anche se si trovava in città. Mi aiutavano due ex tossicodipendenti che padre Eligio aveva mandato dalla Lombardia e una suora, con esperienza in una Comunità in Lombardia. Poi sono arrivati i volontari. L’arrivo dei tossicodipendenti, che allora erano soprattutto eroinomani, avvenne subito dopo l’inaugurazione. Nessuno pensava – continua – che per uscire fuori dall’eroina bisognasse fare una vita quasi “monastica”, tra formazione e lavoro, regole e disciplina. All’inizio venivano e andavano via. Poi tutto ha iniziato a funzionare e si è formato un gruppo. Dopo due anni non ci stavamo più. Ho chiesto al vescovo di Sassari una grande casa abbandonata in campagna con dodici ettari di terreno e lui me l’ha data in uso, a Siligo, vicino a Sassari, in località S’Aspru. All’inizio la convivenza era difficile. Dopo un rodaggio di cinque mesi, tutto è andato molto bene. Lì, in quel contesto agropastorale, che io desideravo per la capacità terapeutica, la Comunità si è allargata. Siamo andati avanti affinando sempre più il nostro metodo». «Sono partito – spiega ancora – con il metodo di Mondo X di padre Eligio applicato nella Penisola ma, dopo un paio di anni, ho iniziato con una modalità di interagire tipica di noi sardi, che abbiamo maggiore sensibilità per gli aspetti affettivi, piuttosto che per quelli disciplinari.

Ma c’è una storia particolare di salvezza che Padre Morittu ricorda con affetto: «Un giudice mi aveva particolarmente sollecitato a prendere un minorenne tossicodipendente. Ho accondisceso alla proposta e mi sono fatto carico di questo minore nella comunità di Cagliari. Allora i giovani venivano spesso in Comunità in crisi di astinenza, dunque la prima settimana era la più difficile e io dormivo con loro in una camera a due letti. Questo ragazzo era, appunto, in crisi di astinenza, per cui la notte ho dormito in stanza con lui, ma poi mi sono addormentato. Mi sono svegliato e lui era andato via. Sono uscito a cercarlo ma non l’ho trovato. Le  volontarie sono riuscite invece a riportarlo nella struttura. Quando l’ho visto di fronte a me gli ho dato uno schiaffo. Ho alzato il dito e ho detto: “Ricordati che io sono tuo padre”. Questo ragazzo ha avuto un cedimento, come se fosse venuta meno quasi tutta la sua energia. In quel momento ho realizzato: mi sono ricordato che lui era orfano. Questo è stato proprio il mio battesimo nella paternità. Questo ragazzo poi ha continuato il suo percorso, ha superato la crisi di astinenza. Poi è diventato anche un bravo artigiano della pelle». 

Per quanto riguarda la diffusione della droga, secondo padre Morittu il fenomeno è  peggiorato negli ultimi anni, tra silenzio e indifferenza. «Ci sono famiglie che vivono dagli introiti della droga – dice –.  Inoltre si registra un peggioramento anche dal punto di vista delle sostanze, con una grande presenza di eroina, in aumento, il picco della cocaina, le droghe di sintesi come l’Ecstasy. Per non dimenticare la piaga dell’alcolismo giovanile e femminile e delle dipendenze senza sostanza, come la ludopatia. In Sardegna ad aggravare questo quadro – aggiunge – abbiamo le doppie diagnosi, ovvero la concomitanza tra dipendenza dalle sostanze o dipendenze comportamentali e i disturbi della personalità. Inoltre abbiamo il grave problema dei minori che non sanno ciò che consumano, non sanno ciò che spacciano e inoltre vogliono attribuirsi la riscossione dei soldi».

Su un altro tema importante, la diffusione dell’HIV, padre Morittu è chiaro: «Il fatto che esista la cura e che di questa malattia si muoia sempre meno, riduce la percezione di questo grave problema. Un elemento di rischio sono i rapporti sessuali precoci tra adolescenti. Molti di loro, solo se un giorno faranno l’esame all’HIV scopriranno di essere siero positivi. Questo è il rischio che si corre. Siamo veramente preoccupati di questa coltre di silenzio che c’è intorno all’AIDS». 

(n.d.r. *Articolo pubblicato nel 2019 sul settimanale “Libertà”, direttore Antonio Meloni.

Le foto e il video risalgono invece alla recente e intensa visita nella Comunità Mondo X, a S’Aspru (Siligo), il 10 dicembre 2021, esperienza che in qualità di docente di Lettere ho avuto l’onore e il piacere di fare con la mia classe 3 V dell’Istituto Agrario Pellegrini di Sassari.

Grazie di cuore a padre Salvatore Morittu, a Fra Stefano, ai loro ragazzi per l’accoglienza speciale e per avere condiviso le loro esperienze di vita, trasmettendo ai “miei ragazzi” tutto quello che non si può insegnare neanche attraverso mille lezioni!

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PAOLO ISONI

L’eleganza è “l’essenza di ogni donna che rimane eterna”

di Luciana Satta

Per lui non è importante l’abito ma la personalità della donna che lo indossa. Perché “senza l’unicità della donna l’abito sarebbe solo un pezzo di stoffa”.

Il granito, il mare, il cielo, la natura selvaggia delle Isole, la Sardegna e la Sicilia. I sogni, “che ti permettono di vivere la vita in maniera più divertente e anche più leggera, ma che hanno bisogno di un nutrimento quotidiano e di tanta disciplina”. Questo esprimono gli abiti di Paolo Isoni. Come la sua ultima collezione Isoni: Ên bateaû.

Un amore per lo stile che lo ha portato dal suo paese d’origine, Monti, prima a  Londra, poi a Porto Rotondo e a Milano, a vestire le dive del jet set internazionale.

Paolo Isoni (intervista di Luciana Satta, anno 2017)

Tu dici: “L’eleganza, a differenza della moda, è eterna”. Non fai vestiti alla moda ma vuoi vestire le donne. Cosa significa?
L’eleganza è qualcosa che non muore, è l’essenza di ogni donna che rimane eterna. Mi vengono in mente donne che per la loro eleganza e il loro glamour sono rimaste immortali, come Jackie Kennedy o Grace Kelly. Non hanno mai seguito la moda, ma la moda l’hanno fatta. La loro eleganza ha prevalso sull’abito. Sono immortali ed eterne, esempi di grande classe.

L’attrice Lunetta Savino indossa Paolo Isoni (foto gentilmente concessa dallo stilista)

La Sardegna è la tua grande ispirazione. Le tue stampe, i tuoi colori, la raccontano. In che modo il carattere della donna sarda vive nelle tue collezioni? 
Sicuramente per la forza. Quello che mi piace trasporre nella mia moda, nei miei vestiti, è proprio il carattere e la forza della Sardegna e di queste donne che hanno sempre realizzato grandi cose, basti pensare a Grazia Deledda. Donne che hanno scelto di fare ciò che era la loro passione, i loro sogni, e di portarli a conoscenza nel mondo.

Una di queste donne che esprimeva forza era una tua grandissima amica, Marta Marzotto… 
Avevo quattordici anni e vivevo a Monti. Un giorno, sfogliando un giornale, ho visto l’immagine di questa donna meravigliosa con i suoi caftani, coloratissimi. Quando a diciassette anni sono arrivato a Porto Rotondo e si è creata l’occasione, l’ho conosciuta e da quel momento non ci siamo mai lasciati, lei non mi ha mai lasciato. Mi ha insegnato tantissime cose. Lei rappresenta il mio ideale di donna, perché era una donna libera, una donna intelligente e una donna che per le sue passioni ha anche perso molto nella vita, ma ha vissuto esattamente come lei desiderava. Era una che, ad esempio, a 85 anni aveva la curiosità di un bambino. Ogni qual volta scopriva qualcosa di nuovo traeva una vitalità incredibile.

Un’altra donna che frequenta il tuo atelier, un’altra tua amica, è l’attrice Chiara Francini. Come l’hai conosciuta?
Ci siamo conosciuti due anni fa. Da quel momento ho iniziato a vestirla in vari eventi: l’inverno scorso, quando ha fatto da madrina al festival di Torino e a Tavolara, dove lei era madrina. È anche lei una donna indipendente, intelligentissima, molto ironica e una grande lavoratrice.

Chiara Francini nell’ultimo film vestita da Paolo Isoni (foto gentilmente concesse dallo stilista)

L’ironia è una caratteristica fondamentale della donna Isoni?
Sono chi è molto intelligente è anche molto ironico. Marta lo è stata e credo lo sarà per sempre. Marta è una donna che rappresenta un ideale che non muore con la sua assenza fisica.

L’atelier di Isoni a Porto Rotondo (Sardegna) ph. Luciana Satta
(In vetrina una delle collezioni del passato)
Io con Paolo Isoni, in atelier, in occasione dell’inaugurazione della collezione primavera estate (anno 2017)

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Le note di ROBERTO PIANA

Alla conquista del mondo

Roberto Piana. Le mani e il pianoforte. Ph. Giulio Bottini

di Luciana Satta

Sarà inaugurato a breve un imponente ciclo di pubblicazioni sulle maggiori piattaforme digitali del mondo con tutte le registrazioni inedite del pianista e compositore Roberto Piana. Si tratta “Piano Rarities”, una vasta raccolta (oltre cinque ore di musica) di rarità pianistiche e prime assolute del repertorio musicale, che va dal Barocco ai giorni nostri, alcune delle quali in prima registrazione mondiale. Il contenuto, proveniente dal personale archivio di Piana, è di notevole importanza e prevede numerose perle del musicista. Il progetto sarà curato dal Centro Studi Saser – Centro Studi Cultura Sarda, di cui Roberto Piana è direttore artistico. Intanto è stata rinviata (per via della pandemia e in data da definire) la prima americana della suite “Ritratti di Sardegna” del pianista, performance che si sarebbe dovuta tenere il primo ottobre nel celebre Teatro Carnegie Hall di New-York.

Roberto Piana. Ph. Andrea Angeli

Piana, autore di musica pianistica, vocale, da camera, corale e sinfonica, è comunque reduce da un lungo periodo di concerti di successo e di riconoscimenti prestigiosi, come la pubblicazione, a settembre, del cd “Trio for Tango” (casa discografica Luna Rossa Classic), che contiene la trascrizione di Roberto Piana del celebre “Oblivion” di Astor Piazzolla.

Interprete di questo lavoro il Parsifal Piano Trio. Di Piana anche le note di copertina. Ancora, nel mese di settembre è stata pubblicata dalla celebre casa discografica major olandese Brilliant Classics la suite “Ritratti di Sardegna”, interpretata dal chitarrista Cristiano Porqueddu, e la suite Contos de foghile, con Francesca Apeddu al flauto e Maria Luciani alla chitarra. Al 76th Duszniki International Chopin Piano Festival, a Duszniki-Zdrój (in Polonia), si è tenuta la prima esecuzione mondiale degli “Sguardi sulla Divina Commedia” di Roberto Piana, eseguita dal pianista Antonio Pompa-Baldi, mentre a Sofia (in Bulgaria) nella sede dell’Ambasciata Italiana si è svolto a giugno il concerto per i festeggiamenti della festa della Repubblica Italiana. Per l’occasione sono stati eseguiti i “Preludi pittorici” di Piana, che hanno visto l’interpretazione del pianista Alessandro Vena.

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COSTANTINO NIVOLA

Storia di un artista Oltreoceano

Dall’America a Orani, andata e ritorno

Museo Nivola, Orani ph. Luciana Satta

di Luciana Satta

“Scultore-costruttore, erede dei suoi lontani progenitori costruttori di nuraghi, e fedele alla vocazione trasmessagli dal padre-muratore”. Quando si parla di Costantino Nivola (Orani, 1911 – Long Island, 1988), l’immagine che viene subito in mente è quella delle straordinarie sculture e dei monumenti pubblici da lui realizzati. Ma, sebbene l’artista oranese non amasse identificarsi nel ruolo di illustratore, non si può dimenticare la sua imponente attività grafica. A questo aspetto è stata anche dedicata la mostra “Seguo la traccia nera e sottile – I disegni di Costantino Nivola”, allestita al Palazzo della Frumentaria di Sassari nel 2011 e curata da Giuliana Altea. Un allestimento che ha messo in luce questo aspetto inedito della produzione di Nivola. Un percorso tra le sue opere meno note, un itinerario attraverso 115 lavori grafici compresi tra il 1941 e il 1980, a partire dagli autoritratti (Autoritratto della solitudine, tempera su carta, 1944, e Autoritratto “Ritz”, 1944-45, tempera su carta incollata su cartone).

Nivola, arrivato dunque in America come esule antifascista, si dedica al lavoro di illustratore e grafico, a cui affianca il disegno. Resta traccia del frutto del suo lavoro di illustratore nelle riviste “Interiors”, “You”, “The New Pencil Points”, “Harper’s Bazaar”, “Forune” e “American Cookery”.

In America Nivola entra in contatto con tanti artisti e architetti europei emigrati anch’essi per sfuggire al Nazismo. E così inizia a mettere in dubbio il proprio valore creativo. Ma l’incontro con Le Corbusier è determinante e il dubbio lascia il posto alle certezze.

Del suo viaggio in Italia – in cui torna nel 1947 con l’intento di trasferirsi a Milano – ma la situazione del Paese appena uscito dalla guerra lo convince a tornare negli Stati Uniti – resta la serie di disegni pubblicati da “Interiors” (1947) e Harper’s Bazaar (1948). La nostalgia di Nivola per la Sardegna emerge invece nella serie di disegni che illustrano il progetto del Paese-pergolato, pensato per il suo paese natale, Orani.

Come dimenticare poi gli splendidi arazzi di lana, realizzati nei centri di arte tessile di Sarule e di Samugheo. Figure geometriche e tecniche della tradizione sarda si incontrano.

Gli arazzi e le sculture. Museo Nivola, Orani
ph. Luciana Satta

Il Museo Nivola, a Orani, è un percorso bellissimo attraverso oltre duecento opere, tra sculture e dipinti. È conserva la più imponente collezione al mondo delle opere di Costantino Nivola. Ruth Guggenheim, vedova dell’artista, ha scelto prevalentemente l’opera scultorea e statuaria, caratteristica della fase finale – con la serie delle Madri e delle Vedove.

Nel 1954 Nivola inaugura la sua carriera di scultore per l’architettura: è chiamato alla decorazione dello showroom Olivetti, aperto al centro di New York, nella Fifth Avenue. Dal 1936 al 1938 l’artista lavora a Milano come grafico pubblicitario all’Olivetti

Campagna pubblicitaria per Olivetti. Museo Nivola, Orani.
ph. Luciana Satta

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ELIO PULLI

C’è un luogo magico a Tramariglio: la casa del maestro Elio Pulli

di Luciana Satta

Tramariglio è un luogo magico immerso nella macchia mediterranea, a pochi chilometri da Alghero, nel cuore della baia di Porto Conte. Un giorno ho chiuso gli occhi e ho intrapreso un viaggio in un altrove bellissimo. Ho scoperto che dalla mimosa nasce il giallo, dalle foglie il verde, dalla melagrana il rosso. Un viaggio affascinante tra i colori della terra che il maestro Elio Pulli sa trasformare in opere d’arte. Ho aperto gli occhi ed era tutto vero e mi è sembrata incredibile quella cura per il particolare, quell’attenzione per il dettaglio.

Sculture, dipinti, vasi e grandi piatti, dai “colori fastosi e bagliori di lustri, iridescenze di metalli preziosi. Oggetti originati dall’incontro di alto artigianato e fervore creativo, virtuosismo tecnico e poetica dello stupore”. Così Simona Campus, storica dell’arte, ha saputo descrivere quelle meraviglie.

Lo spazio espositivo di Elio Pulli, a Tramariglio
ph. Luciana Satta

Al centro dell’ispirazione di Elio Pulli, la Sardegna e il Mediterraneo, con i loro cromatismi accesi e caldi, i colori della terra, i rossi e gli ori lucenti, i bianchi della spuma del mare e delle rocce calcaree. Sono lavori frutto di una complessa tecnica detta “a terzo fuoco”, basata su una cottura delle opere che rende i toni più intensi. La Mantide, il Cinghiale, il Falco, il Folle, il Cavaliere, la splendida serie di “Teste di donna”, sono tutte terraglie dipinte sottovernice e lustro a terzo fuoco, creature plasmate in quello che è il rifugio creativo di Pulli, la sua abitazione a Tramariglio, nella baia di Porto Conte, spazio in parte atelier e in parte laboratorio circondato dalla bellezza della natura, luogo da cui il maestro trae ispirazione. Nel laboratorio d’arte del Maestro tanti incontri, come quello avvenuto nel 2015 con Miyayama Hiroaki, uno dei più grandi artisti giapponesi contemporanei.

L’arte: una compagna inseparabile per il Maestro. Un amore per la cultura ereditato certamente da suo nonno Giuseppe, maestro elementare, poeta appassionato di arte, di musica, di letteratura. Una passione trasmessa sicuramente dal padre Giovanni, artista e allievo dello scultore Guacci, da cui ricevette un incarico che lo portò a trasferirsi da Roma a Sassari, dove aprì la sua bottega.

Così Elio, che quell’amore per l’arte lo aveva respirato in famiglia, a soli diciotto anni conquista il Premio Michetti a Francavilla a Mare. Da qui al successo il passo è breve: arriva Premio Marzotto e, nel 1959, il Premio Cinisello Balsamo. Nel 1955 a Roma, nella galleria del critico d’arte Giuseppe Sciortino, un dipinto di Elio Pulli viene esposta insieme ai lavori di Guttuso e De Chirico.

L’Isola è una costante, presente nelle ceramiche, dai vasi ai piatti, ma anche nelle tele, dalla famosissima “Barca da pesca all’ormeggio di Porto Torres” (2010), alle varie “Nature morte”, fino alla rappresentazione della città di “Periferia di Sassari dopo la nevicata”. Opere che si sono affermate nel panorama dell’arte isolana, nazionale e internazionale, per l’assoluta originalità che le contraddistingue. Opere che sono state esposte anche al Vittoriano di Roma. Un riconoscimento importante, nato dal successo straordinario della mostra “Elio Pulli, ceramica” al Palazzo della Frumentaria di Sassari, nel 2011.

Oggi, 15 novembre 2021, in occasione dell’inaugurazione del 460esimo Anno Accademico dell’Università degli Studi di Sassari, Elio Pulli è stato insignito della Laurea honoris causa, alla presenza del Magnifico Rettore, Gavino Mariotti, della presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, del presidente della Regione Sardegna, Christian Solinas. Pulli ha tenuto una lectio doctoralis dal titolo: “L’arte e le difficoltà nel tempo”. A seguire la laudatio del critico d’arte Vittorio Sgarbi.

Anno 2008, con il Maestro Elio Pulli nello spazio espositivo di Tramariglio.
Il mio articolo per Il Messaggero Sardo sulla Mostra alla Frumentaria, a Sassari. Anno 2011.

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C’era una volta…

La via della seta nel quartiere Castello

(Francesca Sanna Sulis e Sorelle Piredda)

Un celebre abito firmato da Sorelle Piredda e indossato negli anni Novanta dall’attrice Caterina Murino

di Luciana Satta

Quartiere Castello, Via Lamarmora 61. Siamo a Cagliari. “Qui visse donna Francesca Sanna Sulis, imprenditrice, stilista, educatrice”, si legge sulla targa a lei dedicata. È il 2010. L’occasione è il bicentenario dalla morte della “signora dei gelsi” (1761-1810). Antesignana dell’imprenditoria femminile sarda, seppe portare in alto il Made in Italy. Vestì dame e principesse di casa Savoia. Tante nobildonne europee furono sue clienti affezionate. Tra loro spicca il nome di Caterina di Russia. Proprio a due passi dall’insegna in memoria di donna Francesca, nello storico palazzo Fois di fronte alla torre dell’Elefante, le Sorelle Piredda hanno trasferito nel 2009 la loro casa di moda. Il passato e il presente hanno convissuto per tanti anni nel cuore della città, testimoni della passione per l’arte, per i tessuti preziosi, dell’amore per la Sardegna.

Lo scialle, uno dei capi distintivi “Sorelle Piredda”

Due mondi paralleli che hanno dato lustro alla nostra cultura nel mondo, tra tradizione e innovazione. Il ricordo di donna Francesca non si spegne. Resta vivo nelle pagine della monografia del giornalista Lucio Spiga, al quale va il merito di avere avviato un percorso di documentazione e di riscoperta di questa donna straordinaria. Resta vivo a Muravera, suo paese natale, a Settimo San Pietro, a Quartucciu, a Quartu Sant’Elena, in Lombardia e, naturalmente, a Cagliari. Fu lei a creare una scuola che formò centinaia di giovani tessitrici sarde e fece della qualità la sua bandiera, tanto che i commercianti comaschi e lombardi richiedevano la sua seta. Ma negli anni sono stati tanti anche gli attestati di stima che hanno fatto delle “Sorelle Piredda” un marchio riconosciuto in tutto il mondo. Un’azienda, quella delle Piredda, nata trent’anni fa e che ha saputo rinnovarsi nel tempo. Dagli esordi degli anni Settanta, il passo verso il successo è breve.

Dalla famosa kermesse che dal 1996 al 2004 ha avuto come scenario la scalinata barocca di Bonaria, a Cagliari, al premio “Golden Curl” alla carriera (consegnato loro nel 2006 dall’associazione degli italiani in Canada). Tra gli estimatori illustri spicca il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. E ancora, “per aver saputo interpretare con stile e passione l’arte dell’abito e dell’eleganza partendo dai linguaggi della sartoria artigianale sarda” arriva nel 2009 la cittadinanza onoraria del comune di Sorradile, mentre nel 2011, le Piredda realizzano un simbolico abito tricolore per la Celebrazione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, che viene esposto per mesi a Cagliari, nel “Palazzo di Città”. Indimenticabile la rassegna “Oltre il Mediterraneo” a Vienna, dove lo splendido scenario del castello di Schönbrunn, un tempo la residenza estiva della principessa Sissi, si trasforma in passerella e le Piredda portano in Austria «tutta l’energia, la tradizione e la creatività della nostra Isola». Dagli scialli di seta ricamati, da sempre loro tratto distintivo, apprezzati persino dalla duchessa di Kent e dall’imperatrice del Giappone, hanno introdotto di recente tra le loro nuove creazioni gli accessori di sughero finemente lavorato. E poi, parte preziosa delle collezioni sono gli abiti.

L’esterno dell’Atelier delle Sorelle Piredda. Un tempo nel quartiere Castello, a Cagliari

Da donna e da uomo, creati su misura, elegantissimi, ricamati con fili d’argento e d’oro. Il velista Andrea Mura ha scelto di indossarne uno per la Route du Rhum, regata velica transatlantica in solitario che si svolge ogni quattro anni. I prossimi 10 e l’11 maggio l’atelier a Palazzo Fois sarà aperto al pubblico per Monumenti aperti. «Le nostre madri uscivano poco da casa dove erano le padrone assolute le “mater familias”. Loro avevano cielo e monti, mare e sogni, noi mani e fili, con i quali ricordiamo antichi racconti e disegniamo nuovi sogni». Così il giornalista sardo Puccio Lai descriveva queste donne di Sardegna, il loro orgoglio, la nostra storia.

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Dany&Dany

Fumettiste internazionali con l’Isola nel cuore

di Luciana Satta

Si sono conosciute alla fine degli anni Novanta, ma la passione per il fumetto le accompagna da sempre. Daniela Serri e Daniela Orrù, in arte Dany&Dany, sono due autrici e disegnatrici cagliaritane. Con la loro saga a fumetti Dàimones, urban fantasy a tema vampirico con atmosfere gotiche (pubblicato in digitale e a breve in cartaceo nel primo volume della serie), si sono fatte conoscere oltre i confini nazionali, in Europa e negli Stati Uniti. Ma le origini sarde sono ben presenti nei loro lavori…

«Delle nostre radici non potremmo liberarci neanche se volessimo, a partire dalla testardaggine, che per tradizione contraddistingue il popolo sardo. Se non fossimo state così caparbie nell’inseguire il nostro sogno ci saremmo arrese molti anni fa alle prime delusioni. Ma è con il nostro progetto, la serie a fumetti Dàimones, che abbiamo scelto di inserire nella trama piccoli rimandi alle suggestioni più arcaiche della storia della Sardegna riferibili al Neolitico e al Nuragico. Spicca su tutti il culto della Dea madre, che abbiamo immaginato fosse adorata dai nostri vampiri. Per quanto riguarda l’aspetto iconografico, abbiamo scelto le raffigurazioni più affascinanti della Dea madre, quindi quella di Porto Ferro e di Senorbì».

Come rappresentate le eroine dei vostri fumetti?

«In Dàimones abbiamo delineato i personaggi femminili che più amiamo. Le vampire Iulia, che attraverso gli esperimenti sugli esseri umani crea la progenie dei Dàimones, Sophia, a capo di un movimento di studiosi, Elsa, partner del protagonista, esprimono un carattere forte, sono indipendenti e giocano un ruolo chiave nelle vicende. Di sicuro gli esempi femminili che abbiamo avuto nella nostra famiglia ci hanno segnate. C’è inoltre una volontà di riscatto nell’idea di creare un personaggio femminile solido, che contrasti lo stereotipo letterario e cinematografico della donna che ha bisogno di essere difesa, anche se c’è già una controtendenza, nella quale ci ritroviamo perfettamente.

I luoghi di una Sardegna preistorico nuragica fanno da sfondo a Iskìda della terra di Nurak, saga fantasy scritta dall’autore Andrea Atzori e da voi illustrata…

Nel romanzo la storia attraversa tutti i luoghi della Sardegna. È  una terra fantasy e non si parla esplicitamente dell’Isola, ma se sei sardo quei luoghi li riconosci. Per quanto riguarda invece le nostre tavole di illustrazione, si riconosce vagamente la natura mediterranea. Crediamo che l’armonia con i romanzi e con l’autore si rifletta anche nelle tavole.

In che modo collaborate?

Nel nostro caso non c’è una divisione di ruoli ma una compartecipazione, abbiamo creato un “incastro” sui generis nel mondo del fumetto. Anche la nostra firma d’autore Dany&Dany riflette questa scelta. Oltre a condividere lo stesso nome, scriviamo insieme la storia, la sceneggiatura e disegniamo le tavole… nessuna di noi si priva del progetto creativo. Anche il nostro logo (due “D” maiuscole che formano la metà di un cuore) è una scelta grafica che sottintende che quando scriviamo siamo un’unica entità. È necessario un grande feeling. Lavorando insieme ci siamo anche armonizzate ulteriormente, ormai siamo una squadra».

Sono passati quasi cinque anni dal mio incontro con le fumettiste Dany&Dany. I loro meravigliosi disegni continuano a farci sognare e a trasportarci in un mondo fantastico. Ora ci attendono con nuovi progetti e la nuova illustrazione per la novella “Give me wings to fly“, di Laura Costantini. In uscita prima di Natale. Ecco a voi un’anteprima!

KL, frontman dei KLandtheVictorians di Dany&Dany,
protagonista della novella “Give me to fly” di Laura Costantini

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“Il Club dei centenari”

E I SEGRETI DI LUNGA VITA DELL’OGLIASTRA

di Luciana Satta

I volti segnati dalla vita si alternano alle immagini della natura, mentre il novantunenne di Baunei Pietro Cabras canta Sa canthone de is bagadias (“La canzone delle nubili”). Poi la voce si disperde nell’eco e diventa vento che soffia forte. È il ritmo dei protagonisti del documentario “Il Club dei centenari”, che racconta le vite dei centenari ogliastrini. Ci sono anche le donne sarde, portatrici di un’eleganza e di valori che ormai si sono persi.

«È  un mondo rarefatto  – spiega il regista Pietro Mereu, autore del docufilm “Il Club dei centenari”, prodotto da Ilex production grazie al comune di Lanusei, alla provincia dell’Ogliastra e alla Regione Sardegna. Ho voluto raccontare la bellezza della testimonianza dei centenari e delle centenarie utilizzando inquadrature particolarmente curate e un ritmo molto lento».

Perdasdefogu, Villagrande, Arzana, Talana, Urzulei, Villanova e Baunei conservano il segreto della longevità. Un segreto studiato da anni dagli scienziati, che ne hanno ricercato le ragioni nella genetica, nel cibo, nell’ambiente, nello stile di vita degli ogliastrini. Il docente dell’Università di Sassari Gianni Pes ha iniziato a studiare le cosiddette “zone blu” nel 1995. «Abbiamo creato delle mappe geografiche che dimostrano in maniera inequivocabile che la concentrazione dei centenari in questi comuni è superiore non solo ai valori medi europei ma addirittura a livello mondiale», spiega lo studioso.

Resta impressa la scena del documentario che vede protagoniste le centenarie Caterina Murru e Rosa Secci di Urzulei, riprese mentre bevono il caffè e scherzano.«È stato molto difficile entrare in empatia con loro – racconta il regista –.  Erano circondate da molte persone e vedevano i corpi esterni delle telecamere… avevano molto pudore… per fare sì che si esprimessero liberamente ci siamo dovuti allontanare dalla stanza». O ancora, la signora Francesca Manca (106 anni) diventa preziosa memoria storica quando ricorda l’assedio di Arzana. Era il 1926: stavano cercando Samuele Stochino, uno tra i più celebri banditi sardi.«L’anno dell’assedio – ricorda la centenaria –  eravamo rimasti chiusi tre giorni in casa. Non potevamo neanche andare a prendere l’acqua alla fontana. Poi, dopo tre giorni, ci hanno dato il permesso, ma avevamo sempre un carabiniere che ci scortava. Io andavo con Cecilia Fara che disse, sputando per terra “Siate Maledetti! Andate alla forca!” (ride ndr).

Anche la testimonianza di Gesuina Fronteddu, di Talana, è un documento prezioso per capire la vita semplice di un tempo.«L’acqua la portavamo con una brocca, al nostro rientro dalla campagna con una tinozza grande… poi in cammino filavamo e facevamo la bertula (bisaccia tipica dei pastori) di lana di capra… quindi camminavamo e filavamo in gruppo, ma se capitava si poteva andare anche da sole perché non c’erano pericoli. Si andava sempre alla stessa ora e in gruppo, per la campagna… chiacchiera, chiacchiera».

«Non sono ricchi, ma sono felici, perché hanno famiglie molto unite – conclude il regista – .  Nella casa di un centenario devi entrare in punta di piedi, sono persone delicate. Per le famiglie sono come dei gioielli da tutelare. Dovremmo cercare di preservare le zone blu,  sono una risorsa e un esempio….. sono portatori di valori che ormai si stanno perdendo… Questa è la bellezza della loro semplicità».

(Alcuni di loro non ci sono più, ma li voglio ricordare pubblicando questo mio articolo. Grazie al regista Pietro Mereu che ce li ha fatti conoscere attraverso il suo bellissimo docufilm “Il club dei centenari n.d.r.)

(*Anno 2017)

La locandina dell’evento “Ogliastra, Isola della Longevità, 2 dicembre – Milano

 

L’invito – 2 dicembre ore 18, Milano Scalo Lambrate
Ogliastra Isola della Longevità

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Le “Serenades” di FRANCA MASU

Un viaggio per mare con la voce di Franca Masu

La motonave Delphinus della Navisarda è sbarcata a Cala Dragunara per un concerto unico che ha visto protagonisti la voce inconfondibile di Franca Masu e la fisarmonica di Fausto Beccalossi

Franca Masu e Fausto Beccalossi
(ph. Luciana Satta)

di Luciana Satta

Vivo con intimità la presenza dell’acqua. Sono nata sul mare per raccontare storie di mare. Alghero è la linfa che scorre dentro di me, non voglio e non posso pensare a un altro posto nel mondo con questa pace, questa luce mi serve per scrivere e per vivere bene“. Così Franca Masu accoglie il suo pubblico sulla Delphinus. “Serenades” sarà il primo concerto a bordo della motonave della Navisarda che collega il porto turistico di Alghero con le grotte di Nettuno e il primo a Cala Dragunara. Lo spettacolo è un’Anteprima del Festival Més a prop.

La cantante algherese sale a bordo, abito lungo, nero. Ma sarà il rosso il protagonista della serata, il rosso del tramonto che ci lasciamo alle spalle, delle luci puntate sul suo volto. Il colore dello scialle che la avvolge. Perché questa è la sua serata, un evento che ha desiderato fortemente e immaginato da tempo. Non è solo un concerto, ma un dialogo intimo, dove a fare da padrone sono i ricordi dell’artista e la magia della musica. 

Sono le 20 della sera quando la nave salpa dal porto turistico per raggiungere l’insenatura di Dragunara, su cui domina il promontorio di Capo Caccia. Non poteva non essere lei, Franca Masu, a battezzare con la sua voce questo luogo, uno degli scenari più suggestivi della Sardegna; lei, che non riesce a immaginare nessun’altra lingua per esprimere, ancora una volta, quanto forti siano le sue radici e quanto grande l’amore per la sua città:  “Quando canto in algherese – sottolinea – sento di essere algherese. Ho la sensazione di vivere dove Alghero finisce… sono davanti a questo azzurro, da una parte il porto, il rumore dei motori delle barche, i pescatori che vanno via la mattina presto“.  

Dalla nave, mentre ci avviciniamo alla costa, si scorgono nella notte le sagome delle sculture di pietra realizzate dalla figlia della cantante, Chiara. Da lontano sembrano spettatori in attesa. Il pubblico prende posto  e Cala Dragunara si trasforma in un teatro naturale. Ad accompagnare Franca Masu in questo splendido “concerto per mare” la fisarmonica del grande musicista Fausto Beccalossi.

 E così le Serenades abbracciano il Mediterraneo, da Alghero all’Argentina, dal  Portogallo, alla Turchia. Toccano i cuori degli spettatori quando la cantante intona i classici della musica napoletana (Dicitencello vuje,  Malafemmena) o le canzoni più personali, come Vida, da lei stessa composta. Durante il viaggio di ritorno i motori della nave si spengono e nel silenzio della notte la cantante rende omaggio a uno spettatore d’eccezione: l’amico stilista Antonio Marras.  A  lui dedica Volesse il cielo di Mia Martini.

Il viaggio in musica sta per concludersi. Le luci della città si avvicinano, la Delphinus rientra nel porto, ma il sipario non cala, si apre su Alghero.  Quel blu – dice Franca Masu – quel non so che tra cielo e mare, quel piccolo dolore strano che si prova quando la si guarda lasciandola, dal porto… e l’incanto di quando la si ritrova, dal mare, tutta illuminata. E ci ha tolto il fiato”.

(*Anno 2017)

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